
È ora di scendere.
Mi guardo intorno, respiro: aria
secca, polverosa e calda. Sono arrivata a Mafraq.
Da sempre città di confine, città
nel deserto, da qualche mese città di
rifugiati, di povertà, di dignitosa e composta disperazione.
Eppure in apparenza tutto è così normale. I mendicanti ai lati delle strade sono di più, molti di più, sono donne anziane, bambini, anche uomini di tanto in tanto, parlano con un accento diverso, ma la gente non pare scomporsi; tutto pare abituale, scontato, ordinario. È strano trovarsi sul teatro di una tragedia e vedere come la vita continui a scorrere impassibile, imperturbabile. Con ordine la società civile giordana si è apprestata a soccorrere gli sventurati vicini, come se fosse la cosa più normale del mondo, come se fosse scontato che dopo ai Palestinesi e agli Iracheni in qualche modo anche ai Siriani toccasse il proprio turno. I mass media non gridano all’invasione come fa la stampa nazionale nostrana ad ogni singolo sbarco di immigrati, sono al contrario solidali, parlano di aiuti e di progetti di accoglienza, di ospedali da campo, di realtà locali impegnate nell’emergenza e delle ONG straniere che le supportano. C’è preoccupazione e c’è tensione, è normale, la Giordania non è un paese ricco e ha già seri problematiche sociali con cui deve fare i conti, ma le persone accolgono prontamente, senza sospetti e con generosità.

Al contrario di ciò che avviene
in Italia, qui i mass media non utilizzano meschini sotterfugi linguistici per
diffondere incertezze e paure, per creare sindromi da Cassandra alimentando quella
che è stata più volte magistralmente definita una “tautologia della paura”. Da noi
gli immigrati sono clandestini, irregolari, delinquenti, invasori, sono
portatori di una cultura troppo diversa e quindi pericolosa, sono quelli che ci
rubano il lavoro e che creano insicurezza sociale, sono chiusi, arretrati, sono
individui pericolosi per la società, sono, in sostanza, capri espiatori che
portano lo stigma di colpe non loro.
Qui i Siriani sono “ fratelli per
cui si deve pregare” , forse sono visti come vittime ma questo punto di vista
non è accompagnato dal paternalismo che invece è proprio dei discorsi pubblici
italiani e, più in genere, europei. Quello che ho notato qui in Giordania è che
quando si parla di Siriani si parla di PERSONE, uomini, donne, bambini che
continuano a possedere una loro dignità.
E dal cuore del mondo musulmano,
quel mondo che tanto spaventa noi occidentali poiché spesso considerato arretrato
e violento, giunge una lezione di dignità, umanità e fratellanza: sulle coste
italiane sbarcano clandestini, qui si accolgono persone.
Distribuzione di beni di prima necessità a Zarqa |
Il tassista che mi riaccompagna a
casa accende la radio, ascolta le notizie poi alza le spalle e dice: “ altre bombe,
hai sentito? Prega, prega anche tu. Allah deve aiutare i nostri fratelli
Siriani”.
Nessun commento:
Posta un commento