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venerdì 8 febbraio 2013

www.micascemi.org

Ehi, tu!

Sì, proprio tu, lettore compulsivo di questo blog,

Noi abbiam finito il nostro anno di servizio civile, ma MiCa vogliamo abbandonarti.

Migriamo.

E insieme a 93 altri SCE ti raccontiamo quel che è stato dal 2003.

Nel2012lafinediunmondo non c'è stata e noi, insieme ad un amico armadillo, continueremo a postare le nostre storie qui.

Grazie!

 
 
 
   
Scheletri Nellarmadillo ti aspetta anche su FB

 

mercoledì 9 gennaio 2013

un anno in due valigie


Fatte le valigie per inviarle a Goma…sì una settimana prima della nostra effettiva partenza da Kindu, perché con l’aereo UN possiamo portare solo 15 kg…
Così proviamo ad infilare un anno in due valigie. 
Strano. 
Vorrei portarmi via tutto, ogni albero, ogni foglia, ogni seme e frutto. Ogni tonalità di verde di questa incredibile foresta.
Ogni sole rosso, al tramonto, ogni sfumatura su queste nuvole disegnate.
Ogni setaccio e ogni donna che setaccia il riso fuori dalla sua semplice e dignitosissima casa di fango. Ogni inconfondibile suono di riso setacciato.
Ma forse invece vorrei viaggiare leggera, serbando tutto solo negli occhi e nel cuore, sperando che i ricordi scorrano nel sangue ed escano quando li si richiama alla luce.
Le stelle stasera brillano così forte, che vorrei il mondo vicino, per sentire con me questo sentimento d’immenso, che si prova dopo un anno speciale.
Vicino, solo per ascoltare il silenzio e il ronzio dei pensieri, il volo dei sogni. Nessun racconto, nessun consiglio. Sentire la vita che pulsa, dal cielo alla terra, ed esserne grati.
Chiudo le valigie, così vuote, ma già così troppo piene.

martedì 8 gennaio 2013

Very Important SCE

Per completare la selezione di SCE che diventano famosi, ecco qui la mia ultima fatica in campo cinematografico.
Dopo un'ardua selezione sono stato scelto come il più "Italiano Vero" (mi hanno lasciato cantare) presente nel paese. Poi viste le mie passate esperienze in famosi videoclip quali "Un salto in Romania" o "Trei gusti is megl che one" o ancora la partecipazione nel documentario internazionale "Aproape de tine" il ruolo non poteva che essere mio.

Quindi eccomi qui, a fare l'italiano in viaggio per la Moldova, a cercare una nonnina che suona il tamburo, a vivere e vedere un po' tutto quel che di tipico c'è in questo paese. Senza scherzare, in 4 minuti si condensa molta di quella che è la Moldova e di quello che è viverla.

Loro poi sono gli Zdob si Zdub, un gruppo folk rock famosissimo qui in Moldova e in generale nell'Europa dell'Est.

Quindi vi invito a scoprire loro e un pezzettino di Moldova in viaggio con quel cane di attore che è Marco Polo. Buona visione!


martedì 18 dicembre 2012

Siamo tutti dei teleGeni



Vi chiederete come mai noi della Giordania snobbiamo un po' questo blog e non ci scriviamo spesso, ma questo video è la prova concreta di come la nostra agenda pulluli di appuntamenti con giornalisti vari. Insomma, siamo dei servizi civilisti impegnati e ricercati, ma nonostante tutto ci ricordiamo ancora di voi e vi postiamo la recente intervista fatta con TV2000.
Non preoccupatevi che presto torneremo in Italia e saremo disponibili a rilasciare interviste nonché autografi.
Aspettiamo di venire invasi da commenti entusiastici riguardanti la nostra bellezza telegenica e la nostra capacità dialettica  assolutamente fuori dal comune ( io sottoscritta parlo per ben 10 secondi, e Dario è in grado di esprimere complessità, dramma e pathos in soli 4 secondi). 
Se qualcuno di voi volesse contattarci per una eventuale intervista chiediamo gentilmente di prendere appuntamento con il nostro manager. 



lunedì 10 dicembre 2012

C'era una volta...


C’era una volta una casetta chiamata “Centro Maternale In Braccio alla Mamma”. 


In questa casetta vivevano otto bambini con le loro mamme. Tutto il giorno si giocava, si mangiava qualcosa di gustoso, ci si visitava a vicenda, si condividevano i giocattoli, e tutti erano molto felici.
Ma un giorno qualcosa cambiò, tutto era diverso.
Alexandra e Anişoara chiamavano le loro mamme, ma queste non rispondevano. Damian e Anamaria volevano dare un bacio alle loro mamme, ma queste avevano un odore insolito. Vlada sorrideva, ma non si sa perché, la mamma era arrabbiata. Olguța aveva fame, ma la sua mamma si era dimenticata di darle da mangiare. Vladuța era abituata al canto della mamma, ma quel giorno non aveva ancora cantato. Jasmina era al suo primo giorno nella casetta e non poteva giocare con nessuno perchè non conosceva gli altri bambini.
Fuori c'era un gelo terribile, il paesaggio era completamente innevato, batteva il vento, e da lontano si sentiva l’ululato di un lupo. Questo, però, non era lupo normale, aveva la capacità di sentire da lontano che nella casetta stavano succedendo cose strane. Lui, infatti, aveva un udito molto fino e aveva sentito che al Centro Maternale i bambini piangevano e non si sentivano bene.


Si era avvicinato pian pianino alla finestra e aveva ascoltato tutto ciò che stava accadendo nella casetta. Vedendo questa ingiustizia, la rabbia dei bambini, il lupo si arrabbiò e decise di fare una magia che potesse essere da insegnamento alle mamme.

"Ti vedo, ti sento, il tuo pianto è un tormento. Chi ai bambini cura non sa dare, si trasformi in animale".

Fulminò e tuonò, e le mamme sparirono dal Centro Maternale. In quel momento nella casetta apparve una ragazza bella, tenera e attenta che si chiamava Alba-ca-Zapada. Siccome i bambini erano rimasti da soli senza le loro mamme, avevano deciso di costruire un loro mondo, dove erano protetti da Alba-ca-Zapada.  I bambini stavano bene, però sentivano la mancanza delle loro mamme.


Dopo la magia del lupo, improvvisamente, le mamme si ritrovarono in un luogo sconosciuto senza i loro bambini. Ma questo non era l'unico problema. Si guardarono l'un l'altra e, sorprese, scoprirono di non essere più persone umane. Si erano trasformate in animali: orso, tigre, coniglio, pinguino, canguro ed elefante.

Tutte si chiedevano: "Dove siamo finite? Dove sono i bambini? Perché siamo così?"
Ed ecco, passare da quelle parti una volpe che, con un sorriso malizioso, disse: "Oh, voi siete le mamme a cui il lupo ha fatto un incantesimo? Siete nel bosco, care mie, e se volete tornare dai vostri bambini, dovete per prima cosa trovare il lupo”.

Le mamme erano disperate perchè non sapevano cosa fare, dove trovare il lupo e come convincerlo a togliere la magia. Iniziarono così a litigare perché avevano idee diverse. Volevano trovare la strada di casa ognuna per conto proprio, ma poi capirono che solamente insieme avrebbero potuto trovare il lupo.
Fecero un piano e il giorno dopo si organizzarono di conseguenza.
In mezzo al bosco c’era una radura dove sorgeva una casa circondata da erbe medicinali. Dopo averla vista, il canguro si avvicinò, bussò alla porta e corse via velocemente. Il coniglio cercò di attirare il lupo con una carota, perché tutti erano a conoscenza del suo amore per le carote. Il lupo uscì e seguì inebriato l’odore della carota. L’elefante stava nascosto, ma appena sentì il rumore dei topolini, si spaventò e iniziò a correre. A causa del rumore dei passi e del panico generato dall’elefante, il lupo iniziò a correre senza rendersi conto che le mamme-animali avevano predisposto una trappola, che era stata preparata da tempo dall’orso. Egli, infatti, aveva fatto un buco e l’aveva ricoperto con dei rami. Quando il lupo cadde nella fossa, la tigre lo prese e il pinguino che era di ritorno dal fiume, lo legò con il filo da pesca. 

Gli si misero di fronte e gli chiesero: "Perché ci hai trasformato e dove i nostri figli? Ci mancano e siamo molto preoccupate per loro".
"Ero vicino al Centro Maternale e ho sentito che i bambini piangevano e voi non eravate vicino. Ho pensato che non volevate prendervi cura dei vostri bambini. Dove eravate?", disse il lupo.
"Ogni tanto abbiamo delle mancanze, perché a volte siamo stanche o non sappiamo come gestire alcune situazioni”, risposero le mamme.
"Lo so che non è facile essere una mamma. Ma voi potete, avete tutte le capacità, amate i vostri bambini e, qui, avete anche delle persone che vi possono aiutare e dalle quali potete imparare.
"E, quindi, adesso cosa possiamo fare?"
"Ho visto che vi potete organizzare, potete discutere, potete lottare per i vostri bambini e per il vostro benessere. Mi avete trovato: adesso vi mostrerò la strada per casa."
Tutti gli animali, compreso il lupo, si misero in cammino e ritornarono al Centro Maternale. 
Le mamme erano molto felici, ma non sapevano come avvicinarsi ai loro bambini, perché erano ancora animali. Allora il lupo disse: "Per togliere l’incantesimo, è necessario che vi stringiate in un abbraccio."
Gli animali fecero un cerchio, si abbracciarono ed improvvisamente tutto il  centro si illuminò, si sentì una dolce melodia  e tutti gli animali ritornarono ad essere umani.
Le mamme presero i loro bambini in braccio, li baciarono perché avevano sentito molto la loro mancanza. I bambini erano felici che le loro mamme erano ritornate alla casetta.
Ma il lupo era molto triste, non si sa perché. Alba-ca-Zapada rivelò a tutti che anche il lupo era stato stregato. E così decise di rompere l'incantesimo. Con un tocco di bacchetta magica, il lupo si trasformò in ..... 

….un uomo buono che si prende cura della salute dei bambini e delle madri al Centro Maternale.

Ora i bambini sono tra le braccia delle loro mamme e…. 
…vissero per sempre felici e contenti.
     

"Racconto invernale" ideato dalle mamme del Centro Maternale

lunedì 26 novembre 2012

Accanto a te

Un bel documentario che racconta i progetti di Diaconia ad Orhei in Moldova. Niente da aggiungere, se non buona visione!

giovedì 22 novembre 2012

Domnul sef


Quando ti prepari per andare in missione (n.d.r. “svolgere un compito particolare fuori dalla sede abituale di lavoro”, nel nostro caso in Moldova) sei concentrato sugli obiettivi, le persone da incontrare, i progetti da conoscere o da valutare.
Se poi la meta da raggiungere è abituale, non ti preoccupi troppo del contenuto della valigia. Sai che gli amici ti accoglieranno come in famiglia e non incontrerai ombre di cui aver paura.



Punti la sveglia alle 4.30, il decollo a Malpensa è previsto alle 8. Affronti la fatica con serenità, perché hai la certezza che alla fine della giornata varcherai senza incertezze la soglia di casa.
Ad avere un po’ più di tempo, avrei corredato il post di una musica strappalacrime ma si sa, “noi abbiamo gli orologi…sono gli africani che hanno il tempo”.

Anche M&M&M, nonostante quintali di formazione interculturale, non hanno avuto il tempo…di pagare la bolletta della luce!!!!!!!

E così da un paio di giorni mi tocca condividere con il collega (altro M, un incubo!), in una romantica atmosfera, gli spazi vitali (ma proprio TUTTI) che una casa può offrire.
Per rimediare al nefasto scarto culturale, M cerca di rimediare colorandosi di nero e colorando M che stoicamente non oppone resistenza.


Decidiamo di immergerci nella cultura moldava e accogliamo con piacere la proposta di una cena in un locale non propriamente turistico. La città riserva sempre sorprese e così, mentre ci incamminiamo verso la ridente trattoria “Più sotto del bagno” (c’è poco da ridere…), rimaniamo colpiti da almeno un paio di stranezze.

La prima

La seconda merita il lancio di un nuovo concorso (scrivere le ipotesi nei commenti al post): 
cosa rappresenta questo cartello stradale?




La serata scorre piacevolmente…in particolare per M e M a turno vengono abbordati da un cortese quanto brillo signore che, ebbro di felicità, ci dona una caraffa di vino della casa!
Si torna a casa e ci si prepara all’evento della settimana:  tutto l’ufficio è fibrillazione per la conferenza che racconterà pubblicamente gli esiti di anni di un processo di lavoro promosso dalla chiesa locale e condiviso con generazioni di SCE.
Un manifesto pubblicitario ci ricorda che qui la strada da percorrere è ancora lunga…

Verso l'Europa: verso un futuro decente
Ore 7, suona la sveglia! Abbiamo messo in valigia il vestito della festa e finalmente, ora che la luce è tornata, possiamo guardarci allo specchio per farci belli.


La sala è gremita, gli studenti dell’Università che ci ospita, gli operatori sociali e le autorità ascoltano con attenzione i relatori. M termina il suo intervento tra gli applausi, gli amici di Diaconia sono contenti! 


Ora però pubblico il post che stasera si festeggia!


p.s. Dimenticavo. Questa volta mi porto a casa una  gratificazione grande almeno quanto il risotto alla salsiccia e il tiramisù cucinati da M. Il mitico signor Jacob, uomo tuttofare nonché “agente immobiliare nostrano”, interpellato per l’emergenza buio, entra in casa Caritas, mi riconosce (!?!), interrompe il vano tentativo di aggirare l’embargo dell’ENEL locale (collegando un numero imprecisato di prolunghe) e mi saluta dicendo: “Buna ziua domnul sef!"(buona sera signor capo!.
Questo si che è sentirsi a casa!

lunedì 19 novembre 2012

La comparsa

Tra le forme d'arte che il mio mondo mi ha regalato, quella cinematografica è forse la più vicina a me per la sua completezza, il suo impatto sensoriale, la sua immediatezza ricercata. Mi piace osservare i visi degli attori, le loro espressioni, la loro finta verità.

Più di tutto, in ogni genere di film, sin da bambina, il mio interesse veniva catturato dai luoghi in cui l'azione si sviluppava e da quel numero infinito di persone che li popolavano: la stazione centrale di New York, le spiagge di una costa francese, i mercati rionali italiani, e tutti quegli omini indaffarati sullo sfondo che pensano solo a correre per andare a lavoro, prendere il sole o tuffarsi in acqua, fare la spesa; il tutto mentre gli attori protagonisti si impegnano a portare avanti la trama.

Mi domandavo se fossero stati filmati a loro insaputa mentre si trovavano lì, troppo immersi nelle loro attività quotidiane per accorgersi di una cinepresa.

E adesso mi trovo qui, e ho l'impressione di essere una di loro. Una di quelle comparse.

Tra stage, formazione, rientri per/dall'Italia (previsti e non), sono stata catapultata in un film in cui non avevo scelto di avere una parte, in un Congo che non era il mio.

Nel mio Congo la terra è rossa, il caldo è esagerato, il fiume è segnato dai percorsi delle piroghe, i visi pallidi sono pochi.


Nell'altro Congo polvere e paesaggio sono nerissimi, così come le strade attraversate da antenati della bicicletta in legno, da minibus che traboccano di gente, da camion carichi di ogni che, da fuoristrada sensazionali con il logo di una delle troppe ONG che hanno sede a Goma. Alle baracche (che poco hanno a che vedere con la fierezza e la dignità delle povere abitazioni kindulesi) si alternano simil-castelli avvolti nel filo spinato. Troppi dispongono di armi. Siano essi Caschi blu, siano essi centinaia di militari dell'esercito sparsi per la città, siano essi chi, non ci è dato sapere. Ci sono camioncini blindati, carri armati carichi di soldati UN tanto contenti dei loro stipendi, quanto ignari della ragione della loro presenza lì.

Ho avuto un impatto forte con l'altro Congo. Laddove anche passeggiare diventa un'attività pericolosa, ho avvertito una difficoltà estrema a conoscere e far mie le strade: se non lascio le mie impronte, come faccio a ritrovare il mio cammino?

Goma è una città in cui l'odore della guerra incombente è così forte che quasi non si riesce a respirare.

Eppure non mi ha lasciato un gusto amaro. Mi ha concesso il tempo di assaporare lentamente le sue rivelazioni.

Di giorno osservo questi congolesi di frontiera, che come delle formichine invadono e popolano Goma e la abbandonano di notte alla volta della più sicura e vicina Gyseni. E quelli che, invece, fanno il percorso opposto, per andare ad acquistare merce ruandese per poi rivenderla in Congo. Ma sono dei veri Congolesi? O è più corretto definirli Ruandesi? Certo il loro passaporto potrebbe darmi una risposta. Ma no. Questi popoli apparentemente nemici, appartengono alle loro terre e alla loro gente. E solo una stupida logica politica, intrisa di storia mal raccontata e di retaggio coloniale, può dare un senso plausibile a questi quesiti.

Di sera, invece, il coprifuoco costringe alla ritirata a casa e mi ridona il senso del buio, della notte, del calore domestico.

E piano piano scopro un sapore dell'altro Congo non cattivo, semplicemente diverso. Un po' come il sombe: chi arriva a Kindu dice che il suo sapore è diverso, più selvaggio. Le foglie di manioca sono le stesse, l'aspetto è identico, eppure..

L'aria cambia. E così la scenografia.

Con un aeroplanino UN sorvolo kilometri di terra inaccessibile e disabitata, rientro nella mia incantevole quanto isolata Kindu, abbracciata dal suo fiume e da una foresta equatoriale che tutto donano ai loro abitanti. Li ritrovo tutti lì, sempre in movimento nella loro immobilità forzata, e apprezzo la loro unicità culturale, affettiva e spirituale.

Sono in un altro film?

Forse sì.

Io sono ancora una comparsa. Che passa meno inosservata per via della sua pelle bianca (che poi tanto bianca non è).

Senza di me il film era cominciato. E così va avanti. Ma che occasione incredibile avere una particina in questa opera d'arte.



Chiara

venerdì 16 novembre 2012

Vita da SCE

Kindu, R.D. Congo [Foto di Magda]


Ido che lavora, abbarbicato sull’antenna



Donne che decorticano il riso
proveniente dai campi, rive droite


Giordania [Foto di Dario]
 
 

 



Nicaragua [Foto di Emilia]
 
Moise - el juego
 
La famiglia Brambilla
 
 
Nicaragua [Foto di Beatrice]
 
Piscina versione Guis

mercoledì 24 ottobre 2012

La fuga dei disperati

Intervista dell'agenzia SIR a Dario, poco noto (sigh;)) ai lettori di questo blog, volontario del servizio civile Caritas in Giordania.
 
 
In Siria la situazione umanitaria si fa di ora in ora sempre più grave e da alcuni giorni, informa Caritas italiana, si sono persi i contatti con la Caritas locale, non raggiungibile né con il telefono né per e-mail. Mons. Antoine Audo, presidente di Caritas Siria, nell’ultimo messaggio inviato scrive: “Il mio posto è ora vicino ai miei fedeli, che non posso e non voglio assolutamente abbandonare”. La Giordania è il Paese con il più alto numero di profughi dalla Siria, in drammatico aumento nelle ultime settimane: dall’inizio della crisi, lo scorso anno, sono oltre 160 mila. Prima ne arrivavano 500 al giorno, ora 3-4 mila. La scorsa settimana circa 30 mila persone hanno abbandonato la Siria verso i Paesi limitrofi. Per rispondere all’emergenza il governo giordano ha allestito due settimane fa il campo profughi di Zata’ari, a 60 chilometri da Amman, che ospita attualmente 20 mila siriani. Il campo, gestito dall’Unhcr (Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati), ma presidiato dalle forze dell’ordine giordane, è sovraffollato, manca l’energia elettrica e di recente vi sono stati anche dei tafferugli. Conoscono bene la situazione due giovani di Caritas Ambrosiana – Dario Zanardi e Cristina Pianca – che da sei mesi svolgono il servizio civile a supporto di Caritas Giordania. Vivono ad Amman e tre giorni a settimana lavorano in centro, in una parrocchia di Mafraq, al confine con la Siria. Qui Caritas Giordania ha censito 25 mila rifugiati. Caritas italiana auspica oggi “una crescente solidarietà” e chiede alla comunità internazionale di “compiere con responsabilità tutti gli sforzi per porre fine alle violenze”. Dall’inizio dell’emergenza profughi è stato messo a disposizione un primo contributo destinato alle famiglie, ma solo in Siria occorrono già altri 170 mila euro per estendere l’intervento in atto. Patrizia Caiffa, per il Sir, ha intervistato in Giordania Dario Zanardi.

Come arrivano i profughi siriani in Giordania?

“Fuggono da Homs, da Damasco, da Aleppo. Arrivano in auto ma passano il confine di notte, a piedi, camminando tre/quattro ore nel deserto. Il flusso maggiore è in Giordania perché la Turchia ha chiuso le frontiere, mentre la situazione libanese è complessa. Il governo giordano ha la volontà di aiutare i profughi, ma al confine ogni notte si verificano ‘scaramucce’ di frontiera, perché l’esercito siriano spara sui profughi in fuga mentre i militari giordani rispondono con fuoco di copertura”.

A Mafraq in che condizioni vivono?

“Vivono in box, garage, negozi, uffici, pagano un affitto di 100-150 dinari al mese. Alcuni sono ospitati, a pagamento, dai parenti. Sono abitazioni di fortuna di una, massimo due stanze. Arrivano senza nulla e le condizioni abitative sono pessime. Dormono su coperte stese in terra per cercare d’isolarsi dal freddo. Alcuni hanno ricevuto un aiuto economico dalle agenzie delle Nazioni Unite per alcuni mesi”.
 

Quali agenzie umanitarie sono presenti? Che tipo di assistenza forniscono?

“Oltre all’Unhcr operano Caritas Giordania e due organizzazioni islamiche. Vi sono due registrazioni parallele: quella dell’Unhcr, che garantisce ai profughi di entrare nella procedura per la richiesta di asilo politico, ma molti non si registrano perché hanno paura di essere identificati per timore di ritorsioni. E quella di Caritas Giordania, che ha conquistato molta fiducia sul campo. Tra le due realtà c’è collaborazione. In questo modo Caritas Giordania sa dove si trovano i profughi, come sono composte le famiglie, se ci sono persone malate o bambini e neonati. Vengono avvertiti telefonicamente in occasione delle distribuzioni di generi alimentari, beni per l’igiene personale, coperte e piccoli elettrodomestici come fornelli e ventilatori. Le famiglie sono quasi tutte musulmane, con bambini in età scolare e neonati che hanno bisogno di latte in polvere e pannolini”.
 
Cosa fate per i bambini?
 
“I bambini dovrebbero essere inseriti nelle scuole statali, ma è ancora in discussione, al Parlamento giordano, un progetto di legge in materia. Perciò, nel frattempo, tra alcuni giorni avvieremo un progetto educativo, in collaborazione con Caritas Polonia, rivolto a 150 bambini dai 5 ai 13 anni, con insegnanti locali. Una sorta di doposcuola con l’insegnamento delle principali materie, per non perdere l’anno scolastico. Per fortuna il dialetto giordano e quello siriano sono affini e non ci sono grossi problemi di comprensione reciproca”.

Com’è la situazione sanitaria?

“È grave. Arrivano molte persone ferite da armi da fuoco, tutti soffrono di malattie post traumatiche legate allo stress, come asma, ansia, pressione alta. Hanno problemi alla vista, diabete, alcuni hanno bisogno di dialisi. Ho visto la radiografia del cranio di un bambino con un proiettile in testa. Fortunatamente si è salvato. Nel campo di Zata’ari ci sono già tre ospedali gestiti da Francia, Marocco ed Emirati Arabi. Anche l’Italia ha allestito da poco, nei dintorni di Mafraq, un ospedale, con personale sanitario e della Protezione civile. Caritas Ambrosiana ha invece avviato una campagna di raccolta fondi per l’acquisto di un’ambulanza per l’assistenza dei profughi al confine”.
 

Pare che il campo di Zata’ari sia sovraffollato e a rischio collasso…
 
“Sono stato una volta, c’erano 6 mila persone. Ora si parla di 16-20 mila persone. All’inizio ci sono stati molti episodi negativi, le condizioni non erano buone, mancava l’acqua, il cibo. Il governo giordano si è trovato a dover reagire all’emergenza dovuta dall’aumento enorme dei flussi. È ovvio che tutte le risorse sono ancora destinate alla prima assistenza, ma pian piano la situazione sta migliorando. Ci preoccupano maggiormente le condizioni dei bambini, che sono le prime vittime dei cicloni di sabbia del deserto, con problemi respiratori e alla vista”.

Quali storie raccontano i profughi?
 
“Quando si parla con i profughi non si entra nelle questioni politiche, anche perché la situazione da qui non è ben chiara, non si capisce cosa stia realmente accadendo in Siria. In Occidente, invece, la lettura della situazione è univoca. I profughi fuggono da città deserte, devastate da bombardamenti e combattimenti, nelle quali non è più possibile vivere. Alcuni si rifugiano nei villaggi interni, altri passano il confine giordano per disperazione. È difficile capire da chi sia composto l’esercito ribelle – si parla anche di terroristi legati ad Al Qaeda – e che ruolo abbia veramente Assad. Non è chiaro chi provochi le stragi e cosa ci sia dietro. I profughi sono tutti contro Assad, ma i siriani che vivono ad Amman, e hanno ancora le famiglie in Siria, appoggiano il regime”.

giovedì 18 ottobre 2012

Tragica scomparsa

Daniele Ghillani, 22 anni,  volontario in servizio civile all'estero in Brasile, inserito in un progetto promosso dalla Caritas Diocesana di Parma, è morto vittima di un tragico incidente.

Caritas Ambrosiana esprime vicinanza alla famiglia e assicura un ricordo nella preghiera.

domenica 14 ottobre 2012

In ospetie a Tiraspol


Che se diciamo ad Ana Maria che andiamo a Tiraspol, poi ci andiamo davvero! (cit. Alè)

Il microbus per Tiraspol è scritto in cirillico e il film che danno sullo schermo è in russo. Alla frontiera c’è coda, ma bastano 5 lei nel passaporto per fare in fretta. Il passaporto perché ufficialmente Tiraspol è in Moldova, ma di fatto c’è una dogana e bisogna compilare un modulo: abbiamo a disposizione 24 ore per ritornare. Al di là della frontiera le strade mi sembrano migliori, ma in generale tutto è molto curato, ordinato e bello. Compaiono le utilitarie pressochè assenti in Moldova, già in Moldova, perché qui non mi sembra Moldova: se parliamo rumeno sembriamo stranieri, c’è un’altra moneta e i soldi che arrivano dalla Russia si vedono.

Alla fermata del microbus ci aspetta Ana Maria in tacchi e vestito elegante perché qui si distinguono i giorni normali da quelli speciali e oggi è speciale: arrivano gli “italieni”. D’ora in poi noi siamo in ospetie, siamo ospiti e perciò: a tavola! Sono le 5 e andiamo a mangiare: piatto di stagione, peperoni ripieni. È lo stesso ripieno del cibo tipico delle feste, le sarmale. Il bicchiere di vino è piccolino, ma sempre pieno.

Nistru, fiume che divide la Moldova, da cui Trans-nistria

Facciamo un salto a vedere Tiraspol by night: ponte illuminato e barche con musica. Facciamo un trenut in onore dei Cantieri passati insieme. Tornati a casa si mangia – e si beve - ancora un po’ e dopo Tom e Jerry in russo: spaconi noci, buona notte!

Il 9 settembre è la giornata dei tankisti: nella piazza principale, sotto un carro armato, ci saranno una settantina di persone, noi comprese, tra cui un anziano con più medaglie che anni. Durante l’arringa di un soldato, i veterani ridono, è una bella giornata, tutto mi appare normale e bello, come i fiori freschi sulle tombe degli eroi: “i vostri nomi potranno essere sconosciuti, ma le vostre gesta sono immortali”. Penso che si ricorda una guerra europea combattuta quando io ero nata. Avevo 6 anni e tutti i giorni passavano alla tele notizie sulla Bosnia: non capivo molto, ma mi ricordo bene. Della guerra in Transnistria, invece, non ricordo nulla, non si sa nulla.



Davanti al parlamento sta Lenin di guardia. Dopo tre anni i genitori di Ana hanno la cittadinanza transnistriana e possono votare; Ana invece aspetta per il suo primo voto le prossime elezioni in Moldova, cioè nella Moldova al di là del Nistru, quella dove la falce e il martello dal primo ottobre sono illegali, non quella con l’unica bandiera al mondo che ancora mantiene i simboli comunisti.

Proseguiamo la visita della capitale di questo stato-fantasma non riconosciuto da nessuno. L’eroe nazionale, come l’eroe moldavo Stefan cel mare, ha combattuto contro i Turchi. La storia racconta che erano pochi contro molti, ma l’astuzia li fece sembrare molti, così i Turchi se ne andarono senza combattere e la Transnistria fu salva. A scuola qui si impara la storia universale sempre in parallelo con quanto è accaduto in questo piccolo fazzoletto di terra di 3500 metri quadrati, ma il libro è scritto da un professore molto parziale, così ci spiega Ana Maria che studia all’unico liceo rumeno della Transnistria.



Per pranzo pesce in salamoia e melanzane ripiene di aglio (spicchi interi grattugiati da me medesima come si grattuggia il formaggio), si beve vino. Si guardano video, si leggono articoli e ci si prepara: alle 5 dobbiamo essere alla frontiera. Non possiamo andarcene senza portare con noi un barattolone di verdure in salamoia e una bottiglia di vino fatto a casa: siamo in ospetie.

Ps Concluse le valutazioni cantieristiche siamo proiettati ai CdS 2013: lo studio di fattibilità assicura che se sai come si traduce “Copii facem cercul, bambini facciamo un cerchio”, tutto filerà liscio: per il prossimo cantiere basta sapere “dijei cruc” e poi tutti a Tiraspol, da Ana Maria!

martedì 25 settembre 2012

Radio Kindu - Hit parade SCE - Nicaragua

Ed eccoci qui anche dal Nica con il tormentone 2012!

Visto che la hit dell'estate già ve l'abbiamo proposta e il tormentone romantico ce lo ha rubato la Bolivia (eh sì, l'America è piccola...) ecco a voi il tormentone ballabile!

La canzone originale è brasiliana, ma questa è rigorosamente versione Nica, testo estremamente "profondo" e con tutto il repertorio di 'sculettamenti' e 'ancheggiamenti' puro latin-style che qui vanno alla grande fin dalla prima elementare!

Non ve la toglierete più dalla testa, garantito!!


lunedì 17 settembre 2012

Radio Kindu: Hit parade SCE - Congo

Ormai vicinissima (secondi i tempi africani) all'apertura, Radio Kindu comincia a collezionare i tormentoni dell'estate 2012 da tutto il mondo. Grazie ai suoi inviati speciali nelle zone più calde del mondo (Bolivia, Congo, Giordania, Moldova, Nicaragua) è lieta di presentarvi la Hit parade SCE che a breve pomperà nelle casse di tutte le piroghe del fiume Congo.

Cominciamo giocando in casa: Chiara, Magda e Bea da Kindu ci inviano questa hit!

In piroga, in moto, in véhicule e a piedi. Dans les boites, al ristorante, al mercato e in spiaggia, ovunque puoi ascoltare Sawa Sawa lè. E se non sai ballare, non ti devi preoccupare: basta muovere il bacino imitando il tuo vicino!



mercoledì 12 settembre 2012

Impressioni di settembre


A fine estate 2011 scrivevo sulla mia pagina feisbuc (versione dialettale colichese del famoso social network facebook) "Attendo con ansia settembre e tutte le novità che porta con sè". E' trascorso un anno, decisamente ricco, imprevedibile, caratterizzato da alti, bassi, ancora alti, ancora bassi, un basso ancora più basso, un salto verso l'alto, bassi, dai ancora un pochino verso l'alto…oh l'equilibrio, che faticosa conquista!
E così anche quest'anno settembre è arrivato: nono mese dell'anno e ottavo di servizio civile. Come in una gravidanza il nono mese racchiude in sè la fine ed un inizio, così come settembre rappresenta la fine dell'estate e l'inizio di ogni genere di attività.
I miei cugini hanno ripreso la scuola, la mia migliore amica dell'infanzia si è sposata, le "migliori" stanno prenotando viaggi e scegliendo il corso più alternativo presente sul mercato milanese (sembrerebbe aver vinto il Boogie-voogie), l'Amora sta imparando i giorni di ritiro dell'immondizia, il Bettiguccio raccoglie nocciole per "fare la torta quando sarai tornata, Rosa", e LaCugi inizia a collezionare cartoni di varie dimensioni per il Carnevale 2013.
Anche Chisinau si lascia travolgere da questo rito: la scuola è già iniziata da una settimana, le strade ed i microbus sono più affollati, i cartelloni della stagione teatrale 2012/2013 invadono il mercatino russo, le foglie degli alberi cambiano colore ed anche il trio M&M&M ha deciso di "mettersi in gioco", sfidando i propri limiti: Marco seguirà una dieta per mantenere i kg persi durante i cantieri e ridurrà il consumo di Mirinda (una specie di aranciata moldava) ed incrementerà quello di acqua ("meno carboidrati più acqua", consiglia la sottoscritta); la Bettiga s'impegnerà nel migliorare il suo ritmo di corsa (il mio personal trainer Marco Povero dice che 1km e 400 metri in nove minuti non li fa neanche una persona che cammina sulle mani! Sono troppi!); Mari, invece, si sperimenterà in cucina! (La prova di settimana scorsa pasta al sugo è stata superata a pieni voti. Dobbiamo però lavorare sulle dosi: 500 gr di pasta per tre sono forse un pochino eccessivi, soprattutto tenendo in considerazione gli obiettivi delle altre due M!).




Ma solamente fermandomi a riflettere mi rendo conto che ogni mese di questo servizio civile ha avuto un suo inizio.

Febbraio: Polemiche, ricorsi, attese non fermano il servizio civile. Si inizia, si inizia sul serio!
Marzo: "Nel continente nero, paraponziponzipò"….Io e Beatrice arriviamo in Kenya a ritmo di "Jambo Jambo Bwana. Habari Gani? Nzuri Sana! ". 
Iniziamo a imparare le cose importanti: 1 euro equivale a circa 110 scellini, la tariffa del matatu che ti porta in centro Nairobi (Beba town! Beba town!) cambia in base all'orario, alla direzione e al meteo: in caso di pioggia il biglietto costa di più!  Tre maembe (manghi) costano 45 scellini. Ugali e sukuma o ghideri sono il cibo settimanale e i chapati quello della domenica. I cafasso boys amano cantare e ballare e non si stancheranno mai di ascoltare "You are so beautiful" di Akon e "Missing you" dei Busy Signal.
Aprile: Un nuovo inizio. Dopo aver trascorso il primo mese con Sister Rachel viviamo il passaggio di consegna della gestione della Cafasso House al team di Sister Lucy . Anche qui iniziamo a imparare le cose importanti: ogni periodo di transizione porta con sè alcune difficoltà che coinvolgono tutti i membri del sistema di riferimento: i beneficiari, lo staff e anche le ragazze in servizio civile. Ed è proprio in questi momenti di destabilizzazione che possono emergere in modo evidente difficoltà comunicative, non dettate da una lingua diversa, ma forse da una cultura diversa a tratti difficile da comprendere.
Maggio: Inizio a fare il conto alla rovescia..quanti giorni mancano al rientro in Italia? Tutti conoscono il  "Mal d'Africa", sensazione di nostalgia di chi ha visitato l'Africa e desidera tornarci. Ecco, io avevo sviluppato contro ogni mia aspettativa un altro genere di mal d'Africa, incomprensione e frustrazione di chi è stato in Kenya e desiderava tornare a casa.
Giugno: Impossibilità di ritornare in Kenya. Proseguire in Italia o iniziare altrove?
Luglio: La Moldova. Un nuovo inizio, di nuovo. Lingua rumena, religione ortodossa, moneta nazionale il Leu, due compagni di servizio da scoprire, un'associazione locale da conoscere per collaborare al meglio insieme, cibi nuovi da assaporare, strade da memorizzare.
Agosto: Scopro che ci sono persone che all'inizio di ogni mese hanno l'abitudine di fare gli auguri: "buon primo agosto! buon primo agosto!". Chi sono? I facilitatori di una ritrovata spensieratezza, i cantieristi 2012.
Settembre: Sapete cosa c'è? Domani inizio le attività al centro maternale ;) Noroc!




lunedì 3 settembre 2012

Un salto in Romania

Cosa ci fanno una "fata" del Maramures, una patita del popolare e un autista che vuol diventare uomo in Romania? Beh, molto semplice, saltano con tutti quelli che incontrano in ogni luogo che visitano!
Questo è il risultato:


giovedì 23 agosto 2012

Copt si mancat - Episodio 1

Dichiariamo ufficialmente aperto il concorso "Cotto e Mangiato nel Mondo" (CMM).
La Moldova inizia subito forte con le rinomate "placinte".
Adesso a voi la palla SCE!!


Continuate a seguirci per le prossime videoricette!

sabato 21 luglio 2012

Drum bun, buon viaggio!


Glod, fango, è la prima parola che mi hanno insegnato le ragazze. È una parola molto utile in Moldova dove, se appena pioviggina, le strade (strade non sempre asfaltate, ma sempre piene di buche) si trasformano in costellazioni di pozzanghere fangose.

Non l’ho ancora imparata e infatti ci finisco dentro, nonostante mi avvertano. Troppo buio ad Orhei la notte: neanche un lampione e questa sera neanche tantissime stelle. Quello che vedo è una stanza piena di tappeti sul pavimento e sulle pareti. Servono a riscaldare i gelidi inverni (si arriva anche a meno venti gradi): non c’è il calorifero, solo un camino e dei materassi elettrici. È la nuova stanza di Anusca e di Anea.

Sono molto emozionata: ho visto Anusca prepararsi per il suo primo giorno di lavoro. Ha 15 anni e ha studiato cucina. È andata via alle cinque del pomeriggio raggiante in volto ed è tornata la mattina alle 7 stravolta. Ora ha trovato, insieme ad Anea, la sua prima casa indipendente. È solo una stanzetta minuscola e tutta piena di cianfrusaglie non loro. Ad Anea non piace: non ha tutti i torti. Anusca responsabilmente confida nel fatto che, abituate già all’appartamento, faranno pulizia e sistemeranno la stanzetta rendendola più loro. È contenta che ci siano delle piantine alla finestra di cui prendersi cura. Chiede di vedere il bagno e la cucina, se ci sono stoviglie per loro che non hanno niente. Tutti i loro averi li abbiamo appena portati qui in qualche sacchetto della spesa.



Il giorno dopo c’è il momento conclusivo dell’appartamento sociale: ora inizia per tutte loro la vita fuori, sono ormai indipendenti. Anche Iulia, la più dura e sicura di sé, non riesce a finire le frasi per la commozione. Quali sono i momenti più belli di quest’anno? Tanti, troppi, non riesce ad elencarli tutti, piange. Nonostante i problemi di questa generazione, forse più difficile di altre, le ragazze hanno capito di essere volute bene, di avere avuto un’occasione preziosa, di avere imparato tanto. C’è qualcuno su cui poter contare; adesso, però, tocca a loro muovere i primi passi.

Le strade moldave sono molto diverse da quelle a cui sono abituata, piene di fango e di buche; forse è per questo che si augura di frequente (mi sembra più che in Italia) di fare un “buon viaggio”, “drum bun”: è un’espressione che mi piace molto, sia per l’assonanza che per il significato. Drum bun; brum, brum; boom! Sembra un gioco di parole, ma può voler dire tanto: la vita è un cammino con alcune tappe significative; l’anno all’appartamento è sicuramente una di queste che segna una svolta per le ragazze che vengono ospitate, come pure per chi come me ha la fortuna di lavorarci per un anno.

Il 9 luglio è iniziata la sesta generazione: drum bun, fetele! Buon viaggio, ragazze!

lunedì 16 luglio 2012

UN POST PIU' UMANO




Eccoci, un’altra mattina alla stazione degli autobus, fermi sotto un sole già rovente. Quanto aspetteremo oggi? Difficile fare previsioni … A volte bisogna lottare per accaparrarsi un posto, altre volte bisogna aspettare un tempo interminabile prima che il mezzo sia al completo di passeggeri e quindi pronto a partire. Non sappiamo mai a che ora saremo sul posto di lavoro: a volte arriviamo in anticipo, quasi mai in orario, spesso e volentieri in ritardo. Ma alla fine qua a nessuno sembra importare, la filosofia di vita è molto diversa dalla nostra, qui inshallah (se Dio vuole)  non è un’espressione, è uno stile di vita. Ci lasciamo alle  spalle Amman, attraversiamo Zarqa e presto il bus comincia a sfrecciare nel deserto. Un deserto di colline sassose e pietraie, un deserto che è solo un illusione, un intervallo di natura immota e potente che incontriamo quasi per sbaglio e presto abbandoniamo. Eccoci di nuovo in periferia. Il vecchino seduto dietro di me mi tocca col bastone, proprio come quando ci si vuole accertare che qualcuno sia ancora vivo, e io, che come al solito mi sono addormentata negli ultimi cinque minuti di viaggio, apro gli occhi:
È ora di  scendere.
Mi guardo intorno, respiro: aria secca, polverosa e calda. Sono arrivata a Mafraq.

Da sempre città di confine, città nel deserto, da qualche mese  città di rifugiati, di povertà, di dignitosa e composta disperazione.






 Eppure in apparenza tutto è così normale. I mendicanti ai lati delle strade sono di più, molti di più, sono donne anziane, bambini, anche uomini di tanto in tanto, parlano con un accento diverso, ma la gente non pare scomporsi; tutto pare abituale, scontato, ordinario. È strano trovarsi sul teatro di una tragedia e vedere come la vita continui a scorrere impassibile, imperturbabile. Con ordine la società civile giordana si è apprestata a soccorrere gli sventurati vicini, come se fosse la cosa più normale del mondo, come se fosse scontato che dopo ai Palestinesi e agli Iracheni in qualche modo anche ai Siriani toccasse il proprio turno. I mass media non gridano all’invasione come fa la stampa nazionale nostrana ad ogni singolo sbarco di immigrati, sono al contrario solidali, parlano di aiuti e di progetti di accoglienza, di ospedali da campo, di realtà locali impegnate nell’emergenza e delle ONG straniere che le supportano. C’è preoccupazione e c’è tensione, è normale, la Giordania non è un paese ricco e ha già seri problematiche sociali con cui deve fare i conti, ma le persone accolgono prontamente, senza sospetti e con generosità.
 È vero, Il governo non ha una posizione chiara e cerca di non sbilanciarsi e questo, sicuramente, va in parte a discapito delle condizioni di vita dei Siriani in suolo Giordano, ma la popolazione civile, anche se stanca e preoccupata, accoglie e aiuta. I movimenti informali nati dal basso, dalla gente comune, sono molti: ci sono  iniziative culturali, spettacoli di vario tipo, concerti di gruppi ska e rock, una rarità nel panorama musicale mediorientale,  il tutto per raccogliere fondi per chi è scappato, per tutti coloro, e sono tanti, che ogni giorno varcano la frontiera. È vero, tante persone vivono “l’emergenza” come una realtà distante e lontana, la stragrande maggioranza della popolazione infatti vive alla giornata arrabattandosi e ingegnandosi in mille modi per arrivare a sera,  ma, nonostante ciò, il tessuto sociale Giordano è vivo, si attiva, risponde e crea reti di solidarietà accantonando la stanchezza e l’amarezza che contraddistinguono quest’ennesima tragedia mediorientale.

Al contrario di ciò che avviene in Italia, qui i mass media non utilizzano meschini sotterfugi linguistici per diffondere incertezze e paure, per creare sindromi da Cassandra alimentando quella che è stata più volte magistralmente definita una “tautologia della paura”. Da noi gli immigrati sono clandestini, irregolari, delinquenti, invasori, sono portatori di una cultura troppo diversa e quindi pericolosa, sono quelli che ci rubano il lavoro e che creano insicurezza sociale, sono chiusi, arretrati, sono individui pericolosi per la società, sono, in sostanza, capri espiatori che portano lo stigma di colpe non loro.

Qui i Siriani sono “ fratelli per cui si deve pregare” , forse sono visti come vittime ma questo punto di vista non è accompagnato dal paternalismo che invece è proprio dei discorsi pubblici italiani e, più in genere, europei. Quello che ho notato qui in Giordania è che quando si parla di Siriani si parla di PERSONE, uomini, donne, bambini che continuano a possedere una loro dignità.

E dal cuore del mondo musulmano, quel mondo che tanto spaventa noi occidentali poiché spesso considerato arretrato e violento, giunge una lezione di dignità, umanità e fratellanza: sulle coste italiane sbarcano clandestini, qui si accolgono persone.

Distribuzione di beni di prima necessità a Zarqa


Il tassista che mi riaccompagna a casa accende la radio, ascolta le notizie poi alza le spalle e dice: “ altre bombe, hai sentito? Prega, prega anche tu. Allah deve aiutare i nostri fratelli Siriani”.