mercoledì 14 marzo 2012

sono qui per loro



Per chat Mariana mi dice di domani: all’appartamento sociale si farà una şezătoare.
Anna mi aveva già spiegato il significato di questa parola, io subito mi ero appigliata al francese che non so perché mi viene sempre in mente anche se qui serve il rumeno, il russo (a saperlo!), l’inglese, al limite l’italiano.. ma il francese.. giusto per memorizzare la parola: da “chaise”, immagino, sedia, perché consiste nei lavori manuali che fanno le ragazze o donne tutte sedute insieme tipo la maglia o cose del genere. Ma forse non c’entra niente!
È da più di due settimana che fremo dalla voglia di conoscere le ragazze dell'appartamento, sostanzialmente sono qui per loro, ma abbiamo sempre rimandato tra una visita medica e l’altra per il permesso di soggiorno (su cui seguirà, se opportuno, un post specifico).

Ora si tratta di andare: sono tornata da poche ore da una vacanza stancantissima a Iaşi in Romania, ma sono contenta di rifare lo zaino. Vasile, l’autista di Diaconia, mi accompagna a prendere il bus (costa ben 18 lei, poco più di un euro, ma i bus urbani costano appena due lei, sono davvero economicissimi), Oleg mi ha dato un foglietto: Vasile Lupu, devo scendere proprio nel centro di Orhei
Mi vengono a prendere due ragazze, Cristina e Carolina, e incominciano a spiegarmi come si dice fango in rumeno (per dirmi di stare attenta mentre rispondo a Mariana che chiede se sono arrivata sana e salva). Metto giù il telefono e confesso alle ragazze di non aver capito nulla: addirittura lei mi diceva Orhei e io capivo okay: questo non è un problema di lingua! Loro ridono.
All’appartamento mi introducono subito nel lavoro coi volontari locali che stanno giocando a  “mafia”; io lo conoscevo con un altro nome, Lupi e contadini. La prima e ultima volta ci ho giocato a Bethlehem: bei ricordi, promette bene!

Poi facciamo la şezătoare. Sono tutte ragazze con dei grossissimi problemi in famiglia che ricadono poi su tutto il resto, ma le loro storie personali è bene che rimangano personali (leggerle dopo averle conosciute assicuro che non è facile), qui conta sapere che Anuşca mi ha sistemato il mărţişor che mi avevano regalato, Anea mi fa vedere come si fa il pane, con Anisoara (son tutti diminutivi dello stesso nome, Anna, a quanto pare molto diffuso) faccio dei dolcetti di Post, con Carolina la pizza di Post (con una maionese senza uova al posto del formaggio di origine animale), Julia fa vedere il libro di classe (altro che le misere foto che facciamo noi: qui si usa fare un vero e proprio libro di fotomontaggi con le foto dei ragazzi e dei professori su sfondi paesaggistici e abbaglianti) e che dire di Cristina? Mi sembra la più estroversa che si prende cura di me che “non capisco” (ogni riferimento a motti betlemmiti è puramente casuale).

La sera dormo a casa di Christina, la volontaria ortodossa americana, con la quale ho un ottimo scambio italo-inglese-americano (mi ostino sempre a sperare che se qualcuno mi dice “ciao” allora poi possa capire anche tutto il resto in italiano). Vive da mesi in una casa senza acqua corrente perché per i moldavi è una situazione abbastanza comune e lei si vuole integrare. 
Il giorno dopo arriva Marco con Oleg e si fa la riunione in cui ovviamente non capisco niente perché parlano tutti veloci di problemi di cui non so nulla. Non importa, sono contenta, ho iniziato.

6 commenti:

  1. Cioè, ma i volontari locali di lavoro giocano a guru (che tu conosci come "Lupi e contadini")?

    Voglio fare il volontario locale.

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    1. devi diventare moldavo e passare i test culinari qui noi ci stiamo lavorando: coltonasi, sarmale, verza&patate!!

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  2. FILASTROCCA DEL BENVENUTO A CHI VIENE DA LONTANO
    di Bruno Tagliolini
    Amico sconosciuto
    Sappi che qui fra noi sei il benvenuto
    Tu vieni da lontano
    Ecco la nostra mano
    Hai viaggiato e sei stanco
    C’è posto al nostro fianco
    Questa è una terra amica
    E noi ti aspettavamo, e siamo pronti
    Abbiamo pane per la tua fatica
    Abbiamo orecchie per i tuoi racconti.

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    1. sì, le ragazze mi hanno dato pane e orecchie: sono state loro per me, in effetti! ma anch'io darò loro orecchie e pane "piano piano" (a Betlemme il motto era schwè schwè-in perfetta pronuncia araba; qui è diventato "incetul cucetul" e già è diventata una delle mie espressioni preferite)!

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  3. Mi piace l'idea dei link nel post...danno più profondità. Ciao Mary e Noroc! (e sottolineo Ciao e Noroc):D

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