mercoledì 19 settembre 2012

Cara injera, ma quanto mi manchi!

Un saluto a tutti i carissimi lettori del blog.

Dato che questo è l’unico post che pubblico per il blog, desidero trasmettere qualche aspetto dell’esperienza del cantiere in Etiopia parlando di una cosa che ho particolarmente apprezzato: come avrete già capito dal titolo l’argomento in questione è la mitica injera.

Essa è il piatto tradizionale etiope: è simile ad una grande crepe, ha una consistenza spugnosa, un sapore acidulo ed è realizzata con il teff, un cereale locale.

Vediamo insieme le fasi della preparazione e della degustazione di questa specialità gastronomica.

Una volta preparato l’impasto liquido, lo si stende su delle piastre rotonde e, a cottura ultimata, lo si arrotola. Nella foto potete vedere la consistenza di questo “pane” speciale.
 

Arrivata l’ora del pasto l’injera viene stesa sulla superficie su cui si mangia di modo che si possano adagiare sopra a piacimento salse piccanti, carne, verdure varie e formaggio. In questa seconda foto potete osservare un esempio di piatto di injera realizzata da me accostando carne, salsa piccante e contorno di verdura.
 

Finita la preparazione si passa alla degustazione che deve essere fatta rigorosamente con le mani: si strappa un pezzo di injera, la si usa per raccogliere un po’ di cibo e poi finalmente si può addentare il boccone!

Vi ho parlato brevemente di questo piatto perché mi ci sono veramente affezionato: è pieno di colori, ha un buon sapore, è molto salutare (mi ha fatto perdere qualche kg di troppo senza rinunciare all’appetito) e mi ha fatto divertire parecchio per il fatto di dover mangiare con le mani.

Queste tre settimane in Etiopia sono state un po’ come mangiare una grande injera: innanzitutto ho potuto ammirare dei magnifici paesaggi dominati dal verde, città caotiche piene di vita e villaggi dove si vive in modo semplice. Ho incontrato persone di una cultura diversa che mi hanno accolto mostrandomi le loro tradizioni e la loro grande umanità. Ho visto un modo di vivere diverso dal mio, molto più povero a livello materiale, ma più ricco di contatto con la natura e di relazioni autentiche. Mi è piaciuto ascoltare la musica etiope, ammirare le danze tradizionali e giocare con i bambini e con gli adulti divertendoci in modo spensierato con poco.

Mi ha fatto stare bene spendere un po’ del mio tempo per realizzare dei momenti di animazione per i bambini di Wolisso, ricevendo da loro tanta allegria e dei sorrisi splendidi e indimenticabili.

Mi sento pieno di gratitudine verso molte persone: ringrazio le persone etiopi che ho incontrato perchè mi hanno insegnato molto nonostante non capisca la loro lingua, le suore Figlie della Misericordia e della Croce che ci hanno accolto nella loro missione e il gruppo di ragazze dal cuore grande che hanno condiviso con me questa esperienza. Un ringraziamento va anche a chi ha seguito tutta l’organizzazione del cantiere e ne ha reso possibile la riuscita. Infine, come diceva prima di ogni pasto la carissima Suor Delia (la suora che conduce la missione di Wolisso), ringrazio Dio per il dono di questa esperienza e speriamo che ci dia “la grazia di servircene in bene”.

Ops! Dimenticavo il dessert: ecco a voi i saporitissimi “bananini” cresciuti nell’orto della missione.


Luca

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